SICCITA’ E MIGRAZIONI

                          Pensiero svelto

Da qualche anno mi diverto a coltivare un orto, esercizio salutare che continuamente mi mette a confronto con tempi e bisogni della natura  che sono difficili da interpretare, comincio a capirli da poco consapevole anche che: “… Né chi pianta né che irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere”;  per questo ed anche per i modesti risultati rispetto a quelli dei miei vicini  molto più bravi, definisco il mio orto: sperimentale, didattico contemplativo.

Proprio in questi giorni, “contemplando”, ho notato con stupore l’andirivieni di api assetate al boccaglio della canna d’irrigazione, arrivavano a turno, bevevano e si allontanavano; non mi era mai capitato di vederle così presto.

La sera rientrando ho capito il perché; mi sono infatti ricordato che tutti i rigagnoli attorno all’orto sono asciutti e le api, come gli uccelli, i leprottini e altre creature lì intorno, per dissetarsi e sopravvivere devono spostarsi.

La stessa stranezza mi è stata segnalata telefonicamente la sera dall’amico che vive in campagna, anche lui incuriosito da una presenza  insolitamente numerosa di anatre lungo il fiume che passa appena fuori paese; la spiegazione gli è arrivata dal cacciatore che gli ha segnalato che tutte le rogge della zona sono e da molto tempo drammaticamente asciutte.

Cosa fanno gli animali quando arrischiano di morire di sete?

Cercano l’acqua, migrano.

Avrà l’uomo pari intelligenza, pari spirito di sopravvivenza?

Da condannare se cerca acqua?

Che Dio faccia piovere.

VENTO BENEFICO

Marzo ventoso, poca paglia e tanto frumento

Un buon raccolto è frutto di molti fattori favorevoli, in primis la fatica e l’abilità del contadino, poi la bontà della terra e delle sementi, ma certamente chi la fa da padrone è il tempo, il clima, è lui che determina con i suoi capricci abbondante o scarso raccolto.

Viviamo momenti di clima assolutamente capriccioso ed è curioso come anche per i proverbi di terra inizi a scricchiolare la certezza della loro aderenza alla realtà, lo dimostra proprio questo proverbio di marzo che da sempre assicurava che:

“L’impertinente e scapestrato vento di marzo garantirà ricche messi di grano, infatti il suo soffio prepotente e giovanile asciugherà la terra fradicia, rallenterà la crescita dello stelo, riservando le giuste risorse della natura all’estiva, rigogliosa spiga”.

Asciugherà la terra fradicia?

Quest’anno i contadini sono sgomenti di fronte a zolle aride, screpolate, sitibonde e non li tranquillizza nemmeno la portata d’acqua dei fiumi, nemmeno la neve scarsa sui monti.

Speriamo che marzo torni pazzerello…guarda il sole e prendi l’ombrello… e per noi tutti credo sia arrivato il momento di preoccuparci seriamente dei mutamenti climatici e correre il più in fretta possibile ai ripari.

“UNA BRUTTA PACE E’ MEGLIO DI UNA BELLA GUERRA”

L’affermazione l’ho sentita con le mie orecchie durante un recentissimo telegiornale serale; chi l’ha pronunciata? 

Un politico russo, ucraino, americano, europeo, cinese, asiatico, o forse uno storico o un filosofo o un religioso?

No, sono le parole di un’anziana contadina ucraina, parole sussurrate al cronista come fosse una preghiera, un’invocazione al cielo dettata dalla fame, dalla sete, dal freddo, dalla morte, dal dolore che attanaglia il suo paese.

Ho sentito anche altre parole nello stesso TG: 

“…Pronti milioni di dollari, armi, aerei, missili, carri, per la democrazia, la libertà, l’occidente…”.

Occidente… oriente… mi han ricordato una lettura che raccontava delle foibe, del tragico esodo istriano e il  dialogo fra un reporter di guerra americano che enfatizzava ideali di patria, equilibri strategici mondiali e la pronta replica dell’umile pescatore istriano che viveva, allora, le stesse sofferenze della donna ucraina: 

“Per me sono concetti complicati… il popolo dei semplici –ribatte il pescatore-  identifica la Patria nella terra dove è nato, uno spazio i cui confini terminano là dove lo sguardo può arrivare”.

I veri artefici della “Patria del Mondo”, terra globale che vuole la pace,  sono i miliardi di “semplici” pescatori, di “semplici” contadini che vorrebbero continuare ad arare, pescare, vivere, godere l’orizzonte della loro terra senza migrare, annegare, soffrire, morire per colpa di ideali obsoleti e discutibili, di prezzolati proclami che soddisfano solo la cupidigia crudele dei potenti.

Ai “Semplici”, proprio a loro arrivi ovunque e comunque una brutta pace!