LO SCAMBIO DI PACE

Lo scambio di pace

con gesto e sorriso
mi giro di là di qua
davanti e indietro

fra banchi  semivuoti

trovo la  pandemia
pochi fedeli alla messa

taluni senza certezza.

Il quotidiano arranca

senza la fede certa di ieri
garantiva vita nell’aldilà

con responsi sicuri al dopo.


Il presente era confortato
ora tradito non ha meta.

NEL TEPORE DELLA STALLA

..soave tepore che profumava di fieno

Tempi addietro l’arrivo dell’inverno accorciava tremendamente le giornate; si cenava al primo buio ed era poi  faticoso convincere tutti a coricarsi con le galline.

Stare svegli però, restare in cucina, comportava tenere acceso sia la luce che il fuoco ed erano lussi che pochi potevano permettersi.

Ci si rifugiava allora nelle stalle dove, al chiarore soffuso di una sola lampadina, le famiglie potevano ingannare quell’ora raccontando fatiche e gioie del giorno, avvolte nell’animalesco, soave tepore che profumava di fieno, ninnati dal paziente ruminare delle vacche.

La  stalla trasmetteva serenità, quietava le ansie del giorno, le mamme a volte recitavano il rosario a Sant’Antonio Abate protettore di tutti gli animali della cascina mentre i padri scambiavano opinioni sui tempi della semina e i bambini sonnecchiavano o facevano dispetti ai vitellini; a ravvivar la comitiva era, a volte, l’ingresso inaspettato di un baldo giovane arrivato sin lì perché sicuro di trovare la Rosina.

Questi raduni iniziavano proprio a Santa Caterina, 25 novembre, quando anche il proverbio consigliava di tenere gli animali riparati nella stalla.

Il rientro alle proprie abitazioni con i bambini assonnati, avvolti nel tabarro del babbo, avveniva spesso in notti magiche, limpide, fredde, stellate e il gelo del breve tragitto, dalla stalla al letto, faceva apprezzare ancor più a tutti il tepore lasciato sotto le lenzuola dalle braci dello scaldino.

ADI DESIGN MUSEUM COMPASSO D’ORO

A fine autunno sono ripresi i corsi di ”ACTEL ’Università della terza età” che frequento come studente e docente; lo slogan stampato sul programma dice: “Se smetti di imparare cominci ad invecchiare” suggerimento che condivido a pieno.

Durante l’anno sono previste anche uscite per musei e città d’arte e questa settimana, la prima, ci ha portato all’ “ADI Design Museum Compasso d’oro”  zona Monumentale, da non confondere con lo spazio della Triennale, perché ADI ha aperto solo il 25 maggio scorso e nei suoi 5000 metri quadri di esposizione raccoglie i pezzi vincitori del “Compasso d’oro” premio assegnato ai  miglior disegno industriale a partire dal 1954.

Una vera sorpresa, una visita assolutamente stimolante che mi permetto di suggerire, tanto Milano è a un tiro di schioppo.

Subito colpito dalla “double face” della struttura, ex area industriale: davanti la modernissima Piazza Compasso d’oro, alle spalle, dove si parcheggia, via Bramante stretta dai muri giallo ocra scrostati, dove sferraglia ancora il tram fra i palazzi della vecchia città, il tutto a conservare la memoria della Milano della mia infanzia e quella moderna del post EXPO.

Dentro la semplicità e la complessità del design racchiuso nella scritta all’ingresso che dice: “IL CUCCHIAIO E LA CITTA”  a suggerire che l’architetto deve mettere la stessa tensione sia che progetti una metropoli o un oggetto in apparenza banale quale un cucchiaio.

Se fuori c’era la memoria dentro il tempo che scorre e sono proprio le posate ad evidenziarlo cambiando forma  e testimoniando la fine dei pranzi domenicali soppiantati da brunch e buffet dove sparisce il coltello, tanto il cibo è frazionato e così basta un piccolo oggetto degradabile che poi si butta. 

Evoluzioni, evoluzioni lì sotto il naso che anticipano i tempi, che fanno sparire, negli anni del boom demografico, i vecchi banchi nelle sostituiti da singole seggiole, poi le prime poltroncine ergonomiche per impiegati, l’orologio che non va più letto, superflue le lancette, esce infatti il numero di ora e minuto, il televisore che non è più mobile decorativo, la sveglia che ti guarda, sino agli studi meticolosi della segnaletica della prima linea rossa della metropolitana, indispensabili allora per cittadini che ancora non sapevano salire sulla metro.

Poi l’edilizia delle case popolari che ha spazi limitati, difficoltà che spinge gli architetti ad escogitare “l’occultamento”soprattutto nella cameretta dei figli dove il letto appare e scompare nell’armadio a parete.

Poteva mancare la mitica “500”? La guida ci ricorda che 500 era il prezzo: cinquecento mila lire di allora, ovvero 13 mensilità di un operaio.

Poi il nuovo millennio presente con l’esposizione di una spaziale Ferrari e protesi di arti, nello specifico una mano, che grazie a microchip collegati al sistema nervoso consente movimenti impensabili sino a ieri.

La guida subito all’inizio ci ha avvisati: vi capiterà di vedere un oggetto ed esclamare: “ma ce l’avevo”, questa soddisfazione l’ho avuta anch’io e l’oggetto che ancora posseggo è la lampada “Spider” del ’65.

Che dire, mi sento di suggerirvi la visita, il museo si definisce giustamente “auto generativo” perché di anno in anno si arricchirà dei pezzi vincitori dell’ambitissimo premio “Compasso d’oro”.

CERCANO I TUOI OCCHI

Cercano i tuoi occhi

ancora assonnati 

fra le mie braccia

la luce del mattino.

Per attimi ancora

culliamo nel chiarore

i sogni  della notte 

che sta per svanire.

Cercano i tuoi occhi

ancora assonnati

fra le mie braccia

il buio della notte.

Per attimi ancora

culliamo un amore

fragile come cristallo 

forte come la roccia.

NEL BREVE TEMPO DEL GIORNO

Nel breve tempo del giorno

tante troppe vite discordanti

vissute con impazienza

in regge o in stamberghe

in rabbia o in bonarietà

in odio o in venerazione

tra  folla e solitudine

tra sogni e disillusioni

tra mire e frustrazioni.

Poche tregue poi da capo

sino all’ultima logora porta

s’affaccia una sola vita

ha atteso troppo a lungo

ora si scusa per la fretta

serra subito il catenaccio

che stride senza indulgenza.